L’ospedale di Negrar ospita il più potente apparecchio del genere in Italia: costato 12 milioni di euro, unico contributo esterno (1,6 milioni) della Fondazione Cariverona
Primato nazionale all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar dove è stato installato, in una nuova palazzina a tre piani, il più potente ciclotrone d’Italia. Può arrivare fino a 19 MeV (Megaelettronvolt) e produce diversi tipi di radiofarmaci utili contro il cancro, ma non solo.
Così il nosocomio in Valpolicella, scelto da molti pazienti di Verona e con un’attrazione da fuori regione del 23 per cento, continua la sua lotta ai tumori, seconda causa di morte in Italia dopo le malattie cardiovascolari, e amplia l’offerta per i pazienti dopo gli investimenti degli ultimi anni in Chirurgia oncologica, Anatomia patologica, Medicina nucleare e Radioterapia, aggiuntesi al dipartimento di Oncologia e alla sezione delle Cure palliative.
Il ciclotrone è pronto per entrare in funzione, ma viene inaugurato venerdì 27 giugno, in occasione della festa patronale, insieme all’annesso nuovo servizio di Radiofarmacia. Il tutto si trova tra l’area del Don Calabria e la nuova ala sud del Sacro Cuore, collegato da un passerella pedonale rialzata sopra via Salgari. I lavori sono iniziati nell’aprile 2013 e l’iter burocratico comprende le autorizzazioni di sette ministeri oltre che della Regione. Il ciclotrone e tutte le parti meccaniche sono state progettate da un ingegnere specializzato di Siena, Andrea Taddei. La palazzina porta la firma dell’architetto veronese Iglis Zorzi, che da anni collabora col Sacro Cuore.
IL CICLOTRONE. È un macchinario all’avanguardia che serve a produrre radiofarmaci da impiegare per lo più in ambito oncologico, per stanare e curare i tumori, ma anche neurologico e cardiologico, in caso di ischemie o morbo di Alzheimer. Si può chiamare anche acceleratore ciclico di particelle. Quello scelto dall’ospedale di Negrar è di tecnologica canadese ed è arrivato direttamente da Vancouver. È un gigante di ferro e piombo che pesa circa 30 tonnellate. «Grazie alla velocità e all’energia che sviluppa in modo circolare, misurata in MeV, trasforma elementi stabili in elementi radioattivi», spiega il direttore dalla Radiofarmacia con ciclotrone, Giancarlo Gorgoni.
In Veneto esiste soltanto un altro acceleratore ciclico, di minor potenza e più datato, a Castelfranco Veneto. In Italia i ciclotroni sono 34, «ma solo tre hanno caratteristiche, tipo il target solido, come quello di Negrar», spiega ancora Gorgoni.
I RADIOFARMACI. Sono sostanze liquide radioattive usate sia per la diagnosi che per la terapia (vedi articolo accanto). «Si usano per fare diagnosi, studiare le malattie, verificare la risposta ai trattamenti, prevedere l’andamento della malattia stessa», afferma il direttore della Medicina nucleare, Matteo Salgarello. Hanno vita breve, però, e vanno usati dopo poche ore o al massimo una giornata dalla loro creazione. Il che rende ancora più strategico produrle «in casa».
Per questo l’ospedale privato classificato di Negrar, oltre a mettere a disposizione queste molecole per i suoi pazienti, servirà come Radiofarmacia regionale le strutture sanitarie pubbliche del Veneto occidentale, come gli ospedali di Verona e Vicenza e l’Istituto oncologico veneto di Padova.
I COSTI E LE SCELTE. L’investimento finanziario da parte del Sacro Cuore Don Calabria è stato notevole, pari a 12 milioni 252mila euro. Snocciola le cifre, con un certo orgoglio, il direttore amministrativo Mario Piccinini: 2 milioni 860mila euro è costato il ciclotrone, mentre ci sono voluti 2 milioni 300mila per la costruzione dell’edificio, 3 milioni per i dispositivi meccanici, oltre un milione per la parte di sintesi (celle, arredi, infrastrutture, etc.), 2 milioni 800mila per la Radiofarmacia. L’ospedale ha usato per oltre due terzi risorse proprie. L’unico contributo esterno, un milione 650mila euro, è arrivato dalla Fondazione Cariverona.
«Non abbiamo beneficiato di nessun contributo pubblico», sottolinea lo stesso Piccinini. «E quest’opera porterà un vantaggio agli ospedali pubblici veneti, che potranno comprare da noi i radiofarmaci a costi nettamente inferiori degli attuali».
Il presidente dell’ospedale, fratel Mario Bonora, in carica da 24 anni, aggiunge: «La Fondazione ha riconosciuto il nostro ruolo nella sanità veronese e gliene siamo grati. Continuiamo a puntare sia sull’attrezzatura tecnologica che sul personale, molto motivato. Col ciclotrone chiudiamo un percorso in ambito oncologico, creato affinché i nostri pazienti non debbano più muoversi tra diversi ospedali, ma trovino nello stesso posto un servizio dedicato interamente a loro».
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Camilla Madinelli
L’Arena 22/06/2014