Ristrutturato edificio frutto del lascito Zerbato dall’Opera Pia S. Teresa, ospiterà 24 persone, ha dato lavoro alle maestranze locali e darà occupazione anzitutto a chi risiede sul territorio
Un centro residenziale per malati psichiatrici con 24 posti letto, in un luogo tranquillo e silenzioso, ma allo stesso tempo ben inserito in una comunità vivace e ricca di attività associative che potranno favorire l’integrazione dei pazienti ed evitare il loro isolamento.
Mancano pochi giorni all’inaugurazione della comunità di alloggio di Cogollo di Tregnago, ormai pronta dopo una progettazione e una ristrutturazione che hanno visto collaborare in modo fruttuoso la Fondazione Pia Opera Santa Teresa, Adoa, il Comune e la Regione.
La fondazione ha avuto origine dal lascito di un benefattore, Fermo Sisto Zerbato. Partito per la Germania da Cogollo negli anni ’20 del secolo scorso, e divenuto un importante dirigente aziendale (era direttore commerciale delle acciaierie Dalmine), decise più di 50 anni fa di donare i suoi beni alla comunità, pensando inizialmente a una scuola materna o a un centro di formazione professionale per le ragazze del paese. Con il suo lascito sono stati creati un asilo, gestito dalla Fondazione Pia Opera S. Teresa, e alcuni appartamenti, che attualmente vengono affittati a persone in difficoltà economiche.
E adesso finalmente torna a vivere anche il grande immobile nel centro del paese, che negli anni ’80 ha ospitato un centro diurno per persone disabili ma che da tempo era inutilizzabile perché necessitava di una ristrutturazione; ma in quel momento mancavano i fondi necessari per avviare i lavori.
«Partendo dal progetto di ristrutturazione dell’immobile è decollata l’idea di creare una nuova struttura medica residenziale – spiega Luca Tomezzoli, presidente della Fondazione Pia Opera S. Teresa –. Così, nel 2012 è stata eseguita la risistemazione del tetto e, dopo un periodo di sosta dei lavori, all’inizio del 2014 i lavori sono ripresi e adesso finalmente sono stati portati a termine».
La nuova struttura disporrà di due moduli indipendenti da dodici posti ciascuno, sui due piani dell’edificio: gli standard regionali infatti prevedono moduli da dodici persone al massimo. E ci saranno anche ampi spazi per uffici, una piccola palestra, una sala polifunzionale, ambulatori: gli ospiti potranno così muoversi in un luogo spazioso, sicuro e – aspetto non trascurabile – immerso nel verde e con una magnifica vista sulla valle.
Sono stati molti i protagonisti del rilancio di questo immobile, che diventerà importante punto di riferimento sul territorio. «Il recupero è stato fortemente voluto dall’allora assessore regionale alle Politiche sociali, Stefano Valdegamberi – spiega Tomezzoli –. Grazie al suo impegno la Regione nel 2008 ha stanziato 700mila euro a fondo perduto e, nel 2010, 500mila euro a rotazione: si tratta dunque, col secondo stanziamento di fondi, di una somma che verrà restituita con la gestione dell’attività».
Il passo successivo è stata la richiesta, da parte della Fondazione Pia Opera S. Teresa, di una consulenza alla Diocesi scaligera, per capire meglio come gestire l’iter burocratico necessario per avviare la struttura: «La Diocesi ci ha messo in contatto coi tecnici di Adoa, e abbiamo trovato nella persona dell’avvocato Tomas Chiaramonte, (segretario generale di Adoa, ndr) un aiuto fondamentale ed essenziale nel percorso, talvolta complicato per i non addetti ai lavori, che alla fine ci ha permesso di inserire la struttura nel Piano di Zona».
I lavori di ristrutturazione sono stati condotti con la consulenza dell’architetto Antonio Canini, dirigente della Sezione edilizia ospedaliera in Regione, e dell’ingegner Corrado Salfa, del Dipartimento area tecnica dell’Ulss 20. E Regione e Ulss hanno espresso la loro soddisfazione per questo risultato: «Si tratta di un progetto che si può definire riuscito sotto molti punti di vista. Con 700mila euro abbiamo rimesso in piedi una struttura di 1.200 mq: un’opera che sarebbe stata economicamente più dispendiosa se si fosse trattato di un edificio pubblico. Qui abbiamo potuto contare sull’aiuto di molti cittadini che hanno prestato gratuitamente le loro competenze e professionalità. Ma allo stesso tempo abbiamo anche generato parecchi posti di lavoro. Tutte le opere edilizie sono state fatte da imprese della zona selezionate in gare d’appalto: pur essendo una fondazione privata e non essendo dunque obbligati a farlo, abbiamo scelto tuttavia di aprire una gara d’appalto regolare e condurre i lavori con la massima trasparenza», afferma il presidente della fondazione. Si è cercato inoltre di favorire gli abitanti della comunità facendo in modo, quando possibile, che i vari tecnici fossero tutti della zona, che ha vissuto momenti di difficoltà dovuti alla crisi economica.
L’ultimo passaggio prevedeva la scelta del personale che seguirà gli ospiti. «Dopo aver esaminato tre diverse proposte e avvalendoci della consulenza dell’avvocato Chiaramonte, abbiamo scelto la cooperativa “Farsi prossimo”, per la sua esperienza specifica pluriennale nel settore dei disagi psichiatrici. E anche in questo caso abbiamo concordato che la precedenza per le assunzioni, a parità di titoli, sia data ai residenti».
C’è soddisfazione, dunque, per il risultato raggiunto: «I tecnici dell’Ulss che hanno visitato la struttura si sono complimentati per l’efficienza del nostro lavoro e anche per la puntualità rispetto ai tempi prefissati inizialmente. Siamo riusciti anche a rientrare nel budget senza chiedere ulteriori stanziamenti, e questo lavoro ha coinvolto l’intera comunità», conclude Tomezzoli.
L’inaugurazione è prevista per domenica 7 giugno. E il centro residenziale dovrebbe diventare operativo già con l’inizio dell’estate.
Silvia Allegri
da Verona Fedele 20.05.2015